Il principio di efficienza e celerità dell’azione amministrativa scaturisce dal principio fondamentale di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost. La tutela dell’interesse ambientale, annoverato tra gli interessi sensibili, trova, invece, fondamento costituzionale negli artt. 2, 3, 9 e 32 Cost. In assenza di una gerarchia di valori costituzionali, il legislatore cerca di trovare una soluzione di compromesso per rispondere alle sempre più pressanti istanze di celerità dell’azione amministrativa anche nell’ambito della tutela degli interessi sensibili. Istituti vocati all’accelerazione come la conferenza di servizi ed il silenzio non possono, però, diminuire il livello di tutela nei procedimenti aventi ad oggetto i citati interessi.
Sommario: Premessa- 1 Gli interessi sensibili; l’interesse ambientale- 2 La semplificazione dell’azione amministrativa- 3 Il superamento del “privilegio” delle amministrazioni portatrici di interessi ambientali- 4 Il silenzio e l’interesse ambientale- 5 Valutazioni tecniche e pareri- 6 Primarietà degli interessi sensibili- 7 Conclusioni
Premessa
Dall’avvento della legge generale sul procedimento amministrativo (L.241/1990) ad oggi, l’istanza di tutela del bene-interesse ambientale ha assunto importanza crescente fino a dominare l’attuale contesto sociale. L’ambiente, come bene della vita, è, di per sé, determinato e limitato, soggetto a fruizione e a consumo da parte di tutti gli abitanti del pianeta Terra. Si segna, così, una netta inversione di tendenza rispetto al passato in cui il bene ambiente era considerato un bene collettivo, suscettibile di appropriazione indifferenziata e non soggetto a consumo. Si accede, infatti, ad una prospettiva di gestione economica del bene ambiente fondata su una sua non illimitata disponibilità che impone una disciplina rigorosa per garantirne la qualità e la conservazione nel tempo 1.
La massiva industrializzazione ed il consumismo che hanno caratterizzato la società moderna, da altro canto, hanno esasperato l’allarme sociale legato allo smoderato sfruttamento dell’ambiente. L’istanza di tutela, pertanto, ha pervaso l’intero ordinamento giuridico, informando di sé anche la disciplina del procedimento amministrativo. In questo contesto, è prevista una disciplina specificatamente riservata ai procedimenti aventi ad oggetto l’interesse ambientale e, più in generale, tutti gli interessi sensibili. Il legislatore, dagli anni ’90 ad oggi, ha sempre ritenuto necessaria una maggiore ponderazione degli interessi contrapposti allorché vengano richiesti pareri, valutazioni, nulla osta, autorizzazioni o provvedimenti di qualsiasi genere che coinvolgano l’interesse ambientale. La maggiore prudenza che, in questi casi, dovrà informare la determinazione amministrativa, andrà a discapito dell’accelerazione del procedimento, ma il rallentamento si giustifica alla luce della tutela di interessi ritenuti di rilievo primario. Tutto ciò determina, però, in assenza di una scala gerarchica di valori fondamentali, contrapposizioni politiche ed interpretazioni giuridiche che offrono spunti di interesse nella ricerca dell’equilibrio nel rapporto tra la ponderazione-prudenza e la velocità-efficienza del procedimento amministrativo.
1 Gli interessi sensibili; l’interesse ambientale
Gli interessi sensibili sono stati definiti anche come interessi differenziati 2 , perché hanno una particolare disciplina che li distingue rispetto a tutti gli altri interessi. La normativa peculiare, peraltro, è giustificata dal valore primario e fondamentale dei beni giuridici sottesi alla loro tutela (salute, ambiente, cultura, etc). Per la stessa ragione, tali interessi sono considerati “sensibili”. Essi, difatti, non possono essere sacrificati senza recare pregiudizio all’intera umanità, né, la loro violazione, rende concepibile un’esistenza libera e dignitosa. Essi possono, al più, come si dira infra, essere contemperati con altri valori ritenuti di pari rango.
Non si può, quindi, contemplare un pieno sviluppo della persona umana, ai sensi dell’art. 2 Cost., senza un’adeguata tutela dell’interesse ambientale. Quest’ultimo presuppone la decodificazione del bene “ambiente” secondo la concezione giuridica e non già secondo quella naturalistica.
Il legilsatore non definisce il termine “ambiente” ed il relativo diritto, ma definisce il danno ambientale all’art. 300 del D. lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Il termine, pertanto, viene ricostruito dall’ermeneutica giurisprudenziale e dottrinaria 3. Appare, in tal senso, illuminante la prima interpretazione della Corte costituzionale sull’art. 18 della L. n. 349 del 1986. La Corte, infatti, ha valorizzato l’immaterialità del bene ambiente, definendolo, altresì, come “elemento determinativo della qualità della vita” 4. Questa interpretazione, più che mai attuale, ha inaugurato la corrente interpretativa pacifica che è giunta a considerare l’interesse ambientale come valore fondamentale della persona umana. Esso, difatti, annoverato tra gli interessi sensibili, rinviene oggi fondamento costituzionale negli artt. 2, 3, 9 e 32 Cost.; la tutela dell’ambiente include non solo la tutela del paesaggio di cui all’art. 9 Cost. che “deve essere intesa nel senso lato di tutela ecologica” 5, ma riflette i suoi effetti anche sul diritto alla salute (art. 32 Cost.) 6, alla dignità umana (art. 2 Cost.) ed alla eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.). L’ambiente è, infatti, lo spazio in cui la persona vive. È chiaro, allora, che un ambiente insalubre pregiudica la salute, la dignità e l’armonioso sviluppo dell’individuo nella società.
Per questo motivo, l’approdo ermeneutico attuale giunge a legare, indissolubilmente, il diritto all’ambiente salubre col diritto alla salute. In tal modo il pregiudizio all’ambiente si traduce nel pregiudizio alla salute e nella conseguente violazione del precetto di cui all’art. 32 Cost. In guisa di ciò, la tutela ambientale deve essere il punto fermo dell’attività legislativa; punto dal quale prendere le mosse per riconoscere altri diritti. Il diritto alla salute, infatti, pur in assenza di una rigida scala gerarchica di valori costituzionali, non può mai essere sacrificato in nome della tutela di beni-interessi parimenti rilevanti. Orbene, la peculiare disciplina dell’interesse sensibile si palesa, per quel che rileva nella presente rassegna, anche nella disciplina della semplificazione dell’azione amministrativa di cui al capo IV della legge generale sul procedimento amministrativo (L. 241/1990).
2 La semplificazione dell’azione amministrativa
La semplificazione dell’azione amministrativa è prevista, in termini generali, dal capo IV (art.14 ss) della L. 241/1990.
“Sul piano dei principi, la semplificazione rappresenta una doverosa reazione ad un agire amministrativo contrario al paradigma di buona amministrazione (97 Cost.). Un’azione complessa dà spesso luogo ad interventi intempestivi e con una valutazione negativa nel raffronto tra risorse impiegate e risultati conseguiti in termini di efficienza” 7 . Anche l’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, del resto, riconosce al cittadino un diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate dall’amministrazione pubblica, oltre che con imparzialità ed equità, anche entro un termine ragionevole. La semplificazione dell’azione amministrativa, pertanto, risponde a principi fondamentali interni ed europei. Già da ora si rileva, perciò, la forza del principio di semplificazione nell’interazione e bilanciamento coll’interesse ambientale che suggerisce prudenza ed adeguata ponderazione delle fattispecie di riferimento. Sembrerebbe, in ciò, evincersi, salvo quanto di dirà infra, un rapporto contrastante tra semplificazione e prudente ponderazione delle fattispecie che sottendono interessi ambientali. La semplificazione, infatti, produce l’accelerazione del procedimento, accorciando i tempi della determinazione amministrativa, in conformità all’interesse del privato alla celere conclusione dell’iter amministrativo per il conseguimento del bene della vita, sotteso alla relativa istanza. Essa si manifesta, per quel che rileva nella presente disamina, negli istituti della conferenza di servizi e del silenzio assenso. Istituto, quest’ultimo, che, ictu oculi, non consente, in capo all’amministrazione nei confronti della quale viene invocato, una disamina prolungata della fattispecie oggetto del procedimento. La conferenza di servizi, invece, “è lo strumento normale ma non obbligatorio per l’esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti nel procedimento (Guarnaccia, Del Giudice-Delpino, Caringella) in quanto l’amministrazione può, comunque, derogarvi sulla base di una idonea motivazione” 8 . Nella materia ambientale è considerata il “laboratorio
privilegiato” 9 per l’analisi degli interessi sensibili oggetto del procedimento amministrativo; essi potranno godere di una “ponderazione procedimentale rafforzata” 10 , salvo l’imperversare del silenzio nella conferenza di servizi anche in riferimento alle amministrazioni portatrici di interessi sensibili.
Si rileva, tuttavia, che la semplificazione in materia di interessi sensibili, rappresenta un approdo normativo relativamente recente. Nella prima versione della L. 241 del 1990, infatti, gli interessi ambientali non solo fondavano, in capo alle amministrazioni che se ne facevano portatrici, un potere di veto da esprimersi in seno alla conferenza di servizi, ma costituivano anche un’eccezione ad ogni momento di semplificazione-accelerazione del procedimento amministrativo. Ciò si poteva notare, in particolare, nel regime dei pareri ed in quello della denuncia di inizio attività di cui alla L. 241/1990. Di qui la riflessione di autorevole dottrina 11 sul se questi interessi fossero “più pubblici di altri”.
Parte della dottrina rilevava come, in realtà, le norme che stabilivano un regime speciale e differenziale per gli interessi ambientali, non tutelavano in sé e per sé gli interessi in oggetto, ma si traducevano in un ingiusto privilegio per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale. Esse, infatti, godevano di un regime giuridico particolarmente favorevole che, con troppa facilità, si prestava ad abusi nella gestione che legittimava, “sotto la specie di un favor per gli interessi da esse rappresentati, anche atteggiamenti di assoluta indifferenza rispetto alla questione oggetto del procedimento” 12 .
L’accordato privilegio non riguardava, quindi, gli interessi in quanto tali che non venivano esclusi da una possibile compromissione in sede di conferenza di servizi, ma riguardava le amministrazioni. La loro inerzia, infatti, non era in alcun modo sanzionata o disciplinata né con le forme del silenzio-assenso, né con la possibilità di ottenere da altra amministrazione quel parere che l’autorità non aveva espresso nei termini di accelerazione previsti dagli artt. 16 e 17 L. 241/1990. Si palesava, dunque, un privilegio per le amministrazioni anche se nella consapevolezza che questo rappresentasse il male minore rispetto alla mancata adeguata valutazione degli interessi.
3 Il superamento del “privilegio” delle amministrazioni portatrici di interessi ambientali
I privilegi di cui potevano godere le amministrazioni portatrici degli interessi differenziati sono stati superati dalle riforme normative che hanno, a più riprese, modificato l’originario assetto del capo IV della L. 241/1990.
Rileva, in tal senso, la nuova disciplina della conferenza di servizi che ha sancito, tra l’altro, l’obbligo di motivazione del dissenso espresso dalle amministrazioni portatrici di interessi sensibili ed il superamento del potere di veto assoluto espresso dalle stesse amministrazioni, fino a giungere all’applicazione del silenzio assenso di cui all’art.
17 bis L. 241/1990 che riguarda, appunto, anche gli interessi differenziati.
Il principio di efficienza che ispira la semplificazione dell’azione amministrativa, è, infatti, il perno della riforma legislativa fin dal D. lgs. n. 29 del 1993 sul riordino della pubblica amministrazione. La legge n. 537 del 1993 e la L. n. 127 del 1997 recante “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”, segnano, inoltre, il processo di modifica della L. 241/1990 verso una sempre maggiore ed effettiva semplificazione. L’iter, infine, è stato completato ad opera della riforma Madia, di cui alla L. n. 124 del 2015, e dei successivi decreti attuativi; con quest’ultimo intervento, infatti, è stato introdotto nel corpo della L. 241/1990 l’art.
17- bis riguardante il silenzio assenso tra amministrazioni.
Con la prima riforma della conferenza di servizi muta il regime dell’eventuale dissenso a superamento di possibili irragionevoli chiusure da parte delle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi ambientali. Muta, cioè, il regime del dissenso qualificato. Con questo termine si identifica il dissenso delle amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili e delle regioni e province autonome nelle materie di propria competenza 13.
Già con la prima riforma di cui alle leggi citate, invero, non era più possibile né che il veto si esprimesse attraverso il fatto della mancata partecipazione alla conferenza, né che esso fosse ontologicamente insuperabile sia sul piano procedimentale che su quello del merito delle scelte.
Il testo dell’art. 14 co. II, dopo la prima riforma, infatti, recitava così: “si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione, regolarmente convocata, la quale non abbia partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimere definitivamente la volontà”. L’assenza dell’amministrazione portatrice di interessi ambientali non poteva più essere considerato un limite ostativo alla conclusione positiva del procedimento.
Dopo tale prima riforma era richiesto un dissenso particolarmente atteggiato, ossia un dissenso espressamente motivato. In assenza di motivazione, quindi, il dissenso doveva considerarsi inefficace.
La prima riforma dell’art. 14 co. 3, L. 241/1990 è ritenuta espressione di un principio di uguaglianza soggettiva nell’organizzazione amministrativa, dal momento che le amministrazioni portatrici degli interessi ambientali non possono più godere del regime di privilegio conseguente all’inerzia-inattività 14 . Da altro canto, però, all’indomani della novella si era posto il problema, tutt’oggi dominante, del se la nuova versione della normativa si ponesse o meno in contrasto col principio di assenso esplicito in materia ambientale; principio sorto anche in forza della generalizzazione degli effetti della sentenza della Corte di giustizia CE 28.2.1992. Prima della citata riforma, infatti, l’assenza delle amministrazioni era sottratta ad ogni logica di assenso tacito.
Oggi, a seguito della riforma Madia, il dissenso motivato è anche un elemento imprescindibile ai fini dell’esperimento dell’opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri, da parte delle amministrazioni che tutelano gli interessi sensibili, avverso la determinazione conclusiva della conferenza di servizi assunta dall’amministrazione procedente sulla base delle posizioni prevalenti. Tanto è vero che l’art.
14- quinquies prescrive che il rimedio in oggetto possa essere validamente perseguito dalle citate amministrazioni “a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza”. La combinazione tra dissenso motivato ed opposizione alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi rappresenta il giusto contemperamento tra l’istanza di efficienza e celerità dell’azione amministrativa, cui anela qualsiasi privato interessato al provvedimento finale del procedimento amministrativo, e l’istanza di tutela dell’interesse ambientale. Quest’ultima adeguatamente tutelata, non già non prevedendo alcun rimedio od effetto positivo contro l’inerzia delle amministrazioni qualificate, come accadeva agli albori della L. 241/1990, ma concedendo alle stesse la possibilità di esperire il rimedio dell’opposizione alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi.
In tal modo si supera il prospettato privilegio di cui godevano le amministrazioni portatrici dell’interesse ambientale, perché esse si devono attivare positivamente per promuovere l’opposizione. Ciò presuppone l’impossibilità di una determinazione negativa cagionata dall’inerzia o negligenza delle stesse amministrazioni. L’eventuale mancata opposizione, pertanto, pone un sigillo alla positiva determinazione conclusiva della conferenza. L’opposizione tempestiva, invece, da un lato sospende l’efficacia della determina, scongiurando ipotetiche lesioni immediate dell’interesse ambientale, da altro lato presuppone l’esercizio dell’attività amministrativa discrezionale dell’amministrazione interessata nella ponderazione degli interessi in gioco. Non vi è più spazio, insomma, per l’inerzia o negligente inattività delle amministrazioni, perché l’unica via possibile per tutelare l’interesse ambientale è l’attivazione delle stesse, ancorché perseguano il risultato della determinazione negativa. È, così, onere delle amministrazioni dissenzienti attivarsi per privare di efficacia la decisione assunta in conferenza. Non è più, come in passato, onere dell’amministrazione procedente attivarsi per superare, con una procedura aggravata, il dissenso qualificato. “L’importanza di questo meccanismo ad opposizione successiva sta in ciò, che esso inverte l’onere della mediazione fra posizioni prevalenti e posizioni dissenzienti qualificate” 15 . È stato, invero, osservato che “in questo modo si spostano gli equilibri “non solo dopo la conferenza, ma anche nel corso di essa, modificando le dinamiche e i poteri negoziali degli attori”. In particolare, si rafforza la posizione dell’amministrazione procedente, perché “quanto più i potenziali “dissenzienti” sanno che l’eventuale decisione adottata senza il loro consenso può essere ribaltata solo con l’esperimento vittorioso del rimedio oppositivo, tanto più essi saranno indotti ad accettare il compromesso per raggiungere una decisione unanime in sede di conferenza di servizi” 16.
L’amministrazione procedente, oggi, vede ampliati i propri poteri in un’ottica di semplificazione dell’azione amministrativa, anche nei procedimenti in cui siano coinvolti interessi sensibili; essa potrà, pertanto, pure ritenere non superabile il dissenso qualificato e concludere negativamente la conferenza di servizi 17 . Allo stesso modo, però, potrà adottare la determina positiva, salvo il citato rimedio dell’opposizione. Per questo motivo si può ormai parlare di “dequotazione” “degli interessi sensibili ad interessi relativi non ostativi determinata dal fatto che il dissenso dell’amministrazione ad essi preposta non è più idoneo ad impedire la conclusione positiva della conferenza da parte dell’amministrazione procedente sulla base del principio della prevalenza” 18 .
4 Il silenzio e l’interesse ambientale
Il silenzio significativo è previsto, in termini generali, dall’art. 20 L. 241/1990; con esso si attribuisce all’inerzia della pubblica amministrazione che sia obbligata a pronunciarsi a seguito dell’istanza del privato, valore legale tipizzato di accoglimento della domanda stessa (silenzio significativo; silenzio assenso). È l’istituto cardine della semplificazione amministrativa, perché ha la funzione di rispondere prontamente all’istanza del privato, evitando che l’inerzia possa comportare uno stallo del procedimento a discapito del principio di efficienza e celerità che deve ispirare l’azione amministrativa ai sensi dell’art. 97 Cost. L’istituto che ha lo scopo di agevolare l’iniziativa economica privata, anche in ossequio ai precetti di cui all’art. 41 Cost., prescinde dalla effettiva valutazione comparativa degli interessi e dall’obbligo di motivazione 19 .
Sotto tale ultimo aspetto pare in contrasto col principio di assenso esplicito in materia ambientale. Gli interessi sensibili, infatti, in ragione del loro valore fondamentale, come innanzi detto, richiederebbero un’adeguata ed effettiva ponderazione della fattispecie in cui essi rilevano; una prudente valutazione da parte dell’amministrazione chiamata a pronunciarsi che dovrebbe essere assicurata solo col provvedimento espresso. Il silenzio con valore legale tipizzato è, in realtà, una fictio juris che potrebbe avverarsi a prescindere da qualsiasi valutazione degli interessi sottesa alla fattispecie all’esame dell’amministrazione interpellata. Il principio di semplificazione che risponde all’istanza di tutela del diritto di iniziativa economica privata, dunque, in materia ambientale, va rapportato ai principi di valore costituzionale sottesi alla normativa in oggetto. Per questo motivo il co. 4 dell’art. 20 della L. 241/1990 esclude dall’applicazione generale del silenzio le materie che abbiano ad oggetto interessi sensibili. La giurisprudenza, dal canto suo, si esprime a favore della primazia degli interessi sensibili: “È principio fondamentale dell’ordinamento quello stabilito dall’art. 9 della Costituzione per il quale la cura dell’interesse culturale giustifica la sua primazia rispetto agli altri interessi, pubblici o privati, compreso quello alla semplificazione e alla speditezza del procedimento amministrativo” 20. Anche la Corte costituzionale, in più occasioni, si è espressa sull’incompatibilità tra silenzio-assenso e tutela degli interessi sensibili. In particolare, censurando una legge che stabiliva che lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi potesse essere effettuato senza autorizzazione specifica al verificarsi di alcune condizioni, ha stabilito che vada esclusa “anche la possibilità di un’autorizzazione implicita o tacita e il ricorso all’istituto del silenzio-assenso proprio perché si impone la tutela della salute e dell’ambiente, che sono beni costituzionalmente garantiti e protetti (artt. 32 e 9 della Costituzione)” 21. In un’altra occasione, la stessa Corte ha censurato rapide soluzioni procedimentali, mediante il ricorso alla semplificazione di cui al silenzio- assenso, ed ha chiarito che “sono indispensabili per il rilascio dell’autorizzazione accurate indagini ed accertamenti tecnici, nonché controlli specifici per la determinazione delle misure e degli accorgimenti da osservarsi per evitare danni facilmente possibili per la natura tossica e nociva dei rifiuti accumulati” 22.
Orbene, alla luce di tale quadro normativo e giurisprudenziale si staglia l’accelerazione procedimentale, retaggio del principio di semplificazione, espresso dalla riforma Madia anche in materia di interessi sensibili. Anche con riferimento all’interesse ambientale è, infatti, previsto che si formi il silenzio in conferenza di servizi pure ove sia interpellata un’amministrazione portatrice dell’interesse sensibile (art. 14- bis, co. 2 lett. c). L’art. 14- bis della L. 241/1990, difatti, comprende, tra le amministrazioni soggette al silenzio, anche quelle portatrici degli interessi ambientali, con la sola precisazione che il termine per la formazione del silenzio è raddoppiato rispetto a quando siano interpellate tutte le altre amministrazioni (90 giorni in luogo di 45). Il maggior temine previsto per la formazione del silenzio, in questo caso, pare il giusto contemperamento fra le istanze contrapposte ove, un termine inferiore, identico per tutte le amministrazioni, non avrebbe permesso un’adeguata ponderazione degli interessi differenziati. Il silenzio, sebbene con termine maggiore, dunque, da un lato evita l’anacronistico silenzio insuperabile, violativo del principio di libertà di iniziativa economico-privata, da altro lato, la fruizione di un maggiore spatium deliberandi consente alle amministrazioni interessate una adeguata e ponderata valutazione degli interessi. La riforma, infine, persegue con più forza la lotta all’inerzia dell’amministrazione, ricordando che quest’ultima od i singoli dipendenti della medesima, potranno essere ritenuti responsabili per l’assenso reso, ancorché questo si sia formato per scadenza del termine citato (cfr. art. 14-bis, co. 4, L. 241/1990).
Il principio di assenso esplicito in materia ambientale, avallato dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale ed il precetto di cui all’art. 20 co. 4, L. 241/1990, sembrano porsi in contrasto,a fortiori, col novum normativo di cui all’art. 17- bis, L. 241/1990 che introduce l’istituto del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche, coll’intento di dare una chiara risposta all’istanza di semplificazione dell’azione amministrativa. L’istituto, inserito nella legge sul procedimento amministrativo dall’art. 3 della Legge Madia, prevede la formazione del silenzio assenso anche nei confronti dell’amministrazione portatrice dell’interesse ambientale. Viene, infatti, specificato, al co. 3 dell’art. 17-bis, che “le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale”. Parte della dottrina ha rilevato, pertanto, come la nuova norma rechi un grave indebolimento nella tutela degli interessi sensibili e rappresenti un’autentica “guerra di logoramento” verso la parificazione di tutti gli interessi (sensibili e non)23.
L’istituto di cui all’art. 17-bis, peraltro, sembra contraddire, ictu oculi, i precetti di cui all’art. 20, co. 4, L. 241/1990. La fattispecie disciplinata dall’art. 17-bis, tuttavia, si differenzia da quella descritta dall’art. 20, L. 241/1990. La prima, infatti, regola il c.d. silenzio endoprocedimentale, perché ha valenza all’interno di un determinato procedimento e nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, la seconda disciplina il silenzio provvedimentale, perché attribuisce al silenzio serbato su un’istanza del privato valore di provvedimento che definisce l’assetto degli interessi coinvolti 24. Solo in quest’ultimo caso, infine, rileva il rapporto verticale privato-pubblica amministrazione. La fattispecie di cui all’art. 17-bis, a sua volta, rinviene presupposti applicativi differenti rispetto a quelli della conferenza di servizi. Quest’ultima, infatti, si rende necessaria in procedimenti particolarmente complessi in cui debbano essere coinvolte più amministrazioni nell’adozione di una soluzione di concerto. Nell’ipotesi del silenzio introdotto dalla riforma Madia, invece, l’amministrazione interpellata è solo una e, per di più, in procedimenti più semplici in cui non sia richiesto l’assenso di più amministrazioni ma, piuttosto, ove, per l’adozione del provvedimento finale, manchi solo l’atto di assenso dell’amministrazione preposta alla cura dell’interesse coinvolto nel procedimento 25.
Alla luce di ciò non si può affermare che vi sia una assoluta contraddittorietà tra le norme di cui all’art. 20, co. 4 e 17-bis della L. 241/1990. Esse, difatti, trovano presupposti applicativi soggettivi ed oggettivi differenti che possono giustificare una altrettanto differente disciplina normativa, senza che si possa invocare la violazione del principio di razionalità-ragionevolezza.
Sotto il profilo comunitario, invece, il rapporto col principio di assenso esplicito nelle materie sensibili pare disciplinato dall’ultimo comma dell’art. 17-bis che, appunto, esprime una clausola di riserva e deroga all’applicazione del silenzio ove l’ordinamento comunitario richieda l’adozione di provvedimenti espressi. La clausola in oggetto sembra, peraltro, non necessaria nella misura in cui richiama la primautè o prevalenza del diritto europeo sul diritto degli stati membri. Anche senza la disposizione di cui all’ultimo comma citato sarebbe stato possibile, pertanto, derogare ai precedenti commi con un’interpretazione conforme ai principi costituzionali ed eurounitari. Già dapprima della riforma Madia, del resto, attenta dottrina rilevava che “laddove, per assicurare effettività e concretezza alle previsioni comunitarie, è indispensabile una espressa valutazione amministrativa, come un accertamento tecnico o una verifica, lì l’istituto del silenzio- assenso non è praticabile” 26. Secondo altra dottrina l’istituto di cui all’art. 17-bis sarebbe, comunque, in evidente contrapposizione con il pacifico orientamento della Corte di Giustizia UE che richiede che le amministrazioni portatrici di interessi sensibili si pronuncino, sempre, con provvedimento espresso. Tanto è vero che la stessa dottrina ha definito la clausola di cui all’ultimo comma dell’art. 17-bis come una“foglia di fico”, inidonea a salvare l’istituto dalla contestata violazione del diritto comunitario 27.
5 Valutazioni tecniche e pareri
La necessarietà di un provvedimento espresso si palesa, in maniera più evidente, allorché si sia in presenza di procedimenti complessi in cui, per garantire effettività agli interessi tutelati, sia necessaria una espressa valutazione amministrativa, quale un accertamento tecnico o una verifica; in questi casi ammettere il silenzio-assenso significherebbe legittimare l’amministrazione a non svolgere quella attività istruttoria imposta a livello comunitario per la tutela di particolari valori e interessi 28. Il silenzio assenso, invero, interviene per sanzionare o, meglio, per rimuovere l’inerzia ingiustificata della pubblica amministrazione chiamata a pronunciarsi. Come ha, infatti, affermato il Consiglio di Stato: “Il meccanismo del silenzio-assenso si basa su una contrarietà di fondo del legislatore nei confronti dell’inerzia amministrativa, che viene stigmatizzata al punto tale da ricollegare al silenzio dell’Amministrazione interpellata la più grave delle “sanzioni” o il più efficace dei “rimedi”, che si traduce, attraverso l’equiparazione del silenzio all’assenso, nella perdita del potere di dissentire e di impedire la conclusione del procedimento” 29. È chiaro, pertanto, che il silenzio può validamente intervenire nei casi in cui non vi siano da compiere valutazioni tecniche o pareri da parte dell’amministrazione silente. In questi ultimi casi, perciò, il silenzio non potrà operare se non si vorrà addivenire ad un utilizzo distorto dell’istituto, contrario alla sua stessa ratio sanzionatoria o rimediale. Il silenzio potrà pacificamente operare nei procedimenti che non necessitino di ulteriori adempimenti istruttori o valutazioni tecniche o pareri, ma siano, piuttosto, già completi sul punto, mancando solo il provvedimento finale. In tal senso, si giustifica il rimedio-sanzione per la colpevole inerzia della pubblica amministrazione. Sarebbe, quindi, del tutto irragionevole superare le valutazioni ed i pareri, che sottendono l’esercizio di discrezionalità tecnica e competenze scientifiche specialistiche, col silenzio significativo. Per questo motivo, in forza degli artt. 16 co. 3 e 17 co. 2, L. 241/1990 non è possibile invocare il silenzio allorché siano richiesti pareri o valutazioni tecniche alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale.
In ragione di quanto appena detto, la giurisprudenza amministrativa, non ha rinvenuto l’elevato grado di discrezionalità e di competenze specialistiche, ostative alla formazione del silenzio assenso, nel caso dei nulla osta rilasciati dall’ente parco ai sensi dell’art. 13 co. 1 e 4, L. n. 394 del 1991 30. Questi si inserirebbero in un procedimento già adeguatamente completo sotto il profilo istruttorio, sicché ben sarebbe praticabile la via del silenzio con valore legale. Il Consiglio di Stato ha, perciò, affermato che: “non risulta porsi in contrasto con principi costituzionali, o con specifiche disposizione comunitarie, la previsione del silenzio assenso per il rilascio del nulla osta dell’Ente Parco, caratterizzato da un tasso di discrezionalità non elevato e destinato ad inserirsi, in un procedimento, in cui ulteriori specifici interessi ambientali vengono valutati in modo espresso” 31 .
Si inquadra nello stesso contesto logico la fattispecie del parere del soprintendente chiamato a pronunciarsi sulla compatibilità paesaggistica di un progettato intervento. Il silenzio del soprintendente, previsto dall’art. 146, comma 9, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), non è, infatti, un’ipotesi di silenzio assenso, ma è un caso di silenzio devolutivo, perché allo scadere del termine prescritto, senza che sia stato rilasciato il parere richiesto, non si forma il provvedimento tacito di assenso in sostituzione del parere, ma si determina l’onere di provvedere, comunque, in capo all’amministrazione procedente. L’attività valutativa tecnica, insita nel parere non è, così, sacrificata in nome della semplificazione dell’azione amministrativa, ma è rimessa all’amministrazione procedente la determinazione finale e la relativa discrezionalità. Non si ha, quindi, un silenzio provvedimentale che chiude il procedimento, ma la remissione dell’apprezzamento del silenzio all’amministrazione procedente che adotterà il provvedimento ritenuto opportuno 32.
6 Primarietà degli interessi sensibili
Come innanzi detto, l’interesse ambientale è stato annoverato tra gli interessi sensibili. Tale qualificazione pone l’accento sulla necessarietà di una tutela peculiare, rafforzata e prioritaria dell’interesse in oggetto. Significa che esso sottende valori ordinamentali fondamentali, tutelati dalla Carta costituzionale. Non si rinviene, tuttavia, una scala gerarchica di valori in cui un bene-interesse debba avere preminenza assoluta su un altro bene-interesse parimenti fondamentale. Nella problematica in oggetto non si può, quindi, affermare che la tutela della salute di cui all’art. 32 Cost. debba avere preminenza assoluta sulla tutela della libertà di iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost. Ciò equivale a dire che l’istanza di tutela del bene-interesse ambientale non può giustificare l’annichilimento dell’istanza di tutela della semplificazione dell’azione amministrativa 33.
Per questo dottrina e giurisprudenza, nel definire la posizione degli interessi sensibili nell’ordinamento, hanno preferito parlare di primarietà degli stessi interessi piuttosto che di primazia assoluta. Più precisamente, la Corte costituzionale ha definito l’ambiente e la salute come “valori primari” 34, evocando l’assenza di una rigida gerarchia tra valori fondamentali 35. Nella nota sentenza sul caso Ilva, infatti, si è detto che: «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264/2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe tiranno nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona» 36.
La qualificazione di tal fatta implica che gli interessi sensibili non possano mai comportare il sacrificio totale di altri valori-interessi di rilievo costituzionale. Ripudiato, pertanto, un primato assoluto dell’interesse ambientale, si impone che esso sia adeguatamente valorizzato e soppesato nel bilanciamento comparativo tra interessi contrapposti che rilevano nell’attività legislativa ed amministrativa 37.
Occorre, perciò, procedere al bilanciamento del rapporto tra valori, affinché si provveda alla adeguata tutela del diritto-interesse fondamentale senza pregiudicare il “contenuto essenziale” 38 del diritto-interesse concorrente. Da ciò si evince che, in nome del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., un diritto-interesse fondamentale, come il diritto di iniziativa economica privata, può sopportare delle limitazioni o compressioni, ma non può mai essere sacrificato il nucleo essenziale del diritto. Deve, cioè, rimanere integro il contenuto minimo e qualificante dello stesso, onde evitare di incorrere nella violazione del principio di ragionevolezza che potrebbe giustificare la censura costituzionale della norma, in quanto violativa dell’art. 3 Cost.
7 Conclusioni
la tutela dell’ambiente e delle sottese posizioni giuridiche soggettive è informata a principi di matrice comunitaria come quelli di prevenzione e di precauzione. Essi impongono cautela nella scelta legislativa od amministrativa di sostituire il provvedimento espresso con moduli procedimentali che attribuiscano valore legale tipizzato al silenzio serbato dall’amministrazione preposta alla tutela ambientale. La scelta tra la semplificazione dell’azione amministrativa che vorrebbe prescindere dall’adozione del provvedimento espresso e quella della massima tutela dell’interesse ambientale che, invece, richiederebbe sempre l’adozione del provvedimento espresso e la persistenza del “silenzio insuperabile”, non può essere accolta in termini netti ed assoluti. Una scelta “pura”, che accolga una tutela incondizionata di una posizione a discapito dell’altra, sarebbe irragionevole e violativa di precetti costituzionali. La norma che veicoli una simile scelta non potrebbe mai superare lo sbarramento della compatibilità costituzionale. La scelta per un’accelerazione senza limiti dell’azione amministrativa che non abbia alcun riguardo alle peculiarità dell’interesse ambientale sarebbe censurabile per contrasto, quanto meno, con i precetti di cui agli artt. 9 e 32 Cost. Da altro lato, la scelta di un sistema di tutela oltranzista dell’ambiente che non accolga nessuna possibilità di superare l’inerzia dell’amministrazione, preposta alla tutela dell’interesse sensibile, sarebbe censurabile per violazione degli artt. 41 e 97 Cost. Anche quest’ultima soluzione sarebbe, infatti, pregiudizievole per le sorti dell’efficienza dell’azione amministrativa ed ostativa al progresso economico e sociale del Paese.
L’unica soluzione plausibile e compatibile coll’assetto dei valori fondamentali è, pertanto, la scelta di compromesso che contemperi entrambe le istanze contrapposte verso un punto di equilibrio. Quest’ultimo, “proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato — dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo — secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza” 39. Le riforme del capo IV della L. 241/1990 che si sono succedute nel tempo hanno, appunto, tentato di riequilibrare il rapporto tra la tutela dell’ambiente e la tutela della semplificazione dell’azione amministrativa. In ultimo, la riforma Madia ha accelerato il procedimento, perché ha introdotto nuove ipotesi di semplificazione in materia di interessi sensibili. Si tratta di una ragionevole accelerazione procedimentale, perché non ha bypassato la necessarietà della valutazione discrezionale dell’amministrazione nelle fattispecie che sottendono l’interesse ambientale. La prudenza del legislatore e l’adeguata possibilità di tutelare-ponderare l’interesse ambientale si nota, fra l’altro, nell’istituto dell’opposizione alla determina conclusiva della conferenza di servizi, nella previsione del termine di novanta giorni per la formazione del silenzio in sede di conferenza di servizi in luogo degli ordinari 45 e nell’impossibilità di invocare il silenzio ove siano necessarie valutazioni tecniche.
Accorgimenti, questi ultimi, che si allineano anche ai principi comunitari di precauzione e prevenzione in materia ambientale. Il contributo ad evitare il danno ambientale, infatti, si manifesta a monte, già nella fase amministrativa, con un’adeguata valutazione degli interessi nel procedimento di rilascio di autorizzazioni, permessi o nulla osta.
*Pubblicato su Lexambiente: https://lexambiente.it/index.php/materie/ambiente-in- genere/dottrina188/ambiente-in-genere-la-semplificazione-dell%E2%80%99azione- amministrativa-e-la-tutela-dell%E2%80%99interesse-ambientale
1 Barbara Pozzo, La responsabilità ambientale, la nuova Direttiva sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, pag. 38, Giuffrè, Milano, 2005.
2 G. Sciullo, ‘Interessi differenziati’ e procedimento amministrativo, in Giustamm.it, 2016, 5.
3 Cfr. Enrica Blasizza, “Ambiente 2019, Manuale normo-tecnico”, pag. 4 e 5, Wolters Kluwer, 2019, ove viene definito il diritto dell’ambiente come “il complesso di norme che limita e guida le attività umane affinché esse non arrechino danni alle varie potenzialità che l’ambiente offre alle generazioni attuali e a quelle future”.
4 Cort. cost., sent. n. 641 del 30 dicembre 1987. 5 Cort. cost., sent. 3 ottobre 1990, n. 430.
6 Cfr. Cort. cost., sent. 16 marzo 1990, n. 127.
7 Giuseppina Mari, Primarietà degli interessi sensibili e relativa garanzia nel silenzio assenso tra PP.AA. e nella conferenza di servizi, Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc.5, 1 ottobre 2017, pag. 305, in De Jure, banche dati editoriali.
8 Marco Mariani, Procedimento amministrativo e accesso ai documenti, pag. 314, Nuova Giuridica, 2014.
9 A. Rallo, Funzione di tutela ambientale e procedimento amministrativo, Editoriale scientifica, Napoli, 2000, p. 205.
10 R. Musone, La conferenza di servizi in materia ambientale, pag. 68, Aracne, Roma, 2013.
11 A. Rallo, op. cit., p. 208. 12 A. Rallo, op. cit., pag. 209.
13 Cfr. Francesco Scalia, Prospettive e profili problematici della nuova conferenza di servizi, Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc. 6, pag. 625, Giuffrè, 2016.
14 Cfr. A. Rallo, op. cit.
15 Giulio Vesperini, La nuova conferenza di servizi, Giornale di diritto amministrativo n. 5 del 2016, pag. 578, Ipsoa.
16 Giulio Vesperini, op. cit.
17 Cfr. Francesco Scalia, op. cit.
18 Giuseppina Mari, Primarietà degli interessi sensibili e relativa garanzia nel silenzio assenso tra PP.AA. e nella conferenza di servizi, Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc.5, 1 ottobre 2017, pag. 305, in De Jure, banche dati editoriali.
19 Cfr. Rocco Galli, Domitilla Galli, Corso di diritto amministrativo, quarta edizione, vol. II, pag. 855, Cedam, Padova, 2004.
20 Sent. Cons. Stato, Sez. VI, Sent., 16/07/2015, n. 3560, in riforma della sent. T.a.r. Campania, Napoli, sez. VII, n. 1771/2014.
21 Cort. cost., sent. 1° luglio 1992, n. 307.
22 Corte cost., sent. 27 aprile 1993, n. 194. Si veda anche la sent. Corte cost. 9 luglio 2014, n. 209 che ha censurato una legge della regione Campania di disciplina degli scarichi in fognatura, che prevedeva un temine di sessanta giorni per la decisione sulla domanda di autorizzazione, scaduto il quale l’autorizzazione si intendeva provvisoriamente concessa per sessanta giorni, salvo revoca. In quel caso, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., non solo perché determinava livelli di tutela ambientale inferiori rispetto a quelli previsti dalla legge statale, che fissa il termine perentorio di 90 giorni per l’autorizzazione, quant’anche per violazione dell’art. 20, comma 4, L. n. 241/1990, “che esclude l’applicabilità del “silenzio-assenso” alla materia ambientale”.
23 Cfr. F. de Leonardis, Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni critiche sull’art. 17bis introdotto dalla cd. riforma Madia, in www.federalismi.it del 21 ottobre 2015.
24 Cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, Sent., (data ud. 18/07/2018) 20/09/2018, n. 5547.
25 Francesco Scalia, “Il silenzio assenso nelle c.d. materie sensibili alla luce della riforma Madia”, Urbanistica e appalti n. 1 del 2016, pag. 11, Ipsoa.
26 G. Morbidelli, Il silenzio-assenso, in V. Cerulli Irelli (a cura di), La disciplina generale dell’azione amministrativa, Napoli 2006, 268.
27 Cfr. F. de Leonardis, Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni critiche sull’art. 17bis introdotto dalla cd. riforma Madia, in www.federalismi.it del 21 ottobre 2015.
28 Cfr. Corte di Giustizia CE, 28 febbraio 1991, C-360/87.
29 Cons. Stato, Sez. comm. spec., Parere, (data ud. 13/07/2016) 13/07/2016, n. 1640.
30 Cfr. Cons. Stato, (Ad. Plen.), Sent., (data ud. 08/06/2016) 27/07/2016, n. 17 ove si valorizza la quasi assenza di discrezionalità tecnica nel nulla osta, specie in relazione alla valutazione di compatibilità: “Il margine di discrezionalità tecnica che vi è connaturato è di suo ben più ridotto di quanto sarebbe, ad esempio, per un’autorizzazione che fosse prevista per valutare la concreta compatibilità dell’intervento con un vincolo interessante il territorio”; “A differenza di una valutazione di compatibilità, la detta verifica di conformità – che solo accerta la conformità degli interventi concretamente prospettati alle figure astrattamente consentite – non comporta un giudizio tecnico-discrezionale autonomo e distinto da quello già dettagliatamente fatto e reso noto, seppure in via generale, mediante i rammentati strumenti del Piano per il parco e del Regolamento del parco”.
31 Cons. Stato, Sez. VI, Sent., (data ud. 29/12/2008) 29/12/2008, n. 6591.
32 Cfr. Chiara Maria Liguori, “I poteri della soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio – il commento”, Giornale Dir. Amministrativo, n. 1 del 2015, pag. 111, Ipsoa.
33 Cfr. Valentina Cavanna, “Ilva: criterio di ragionevolezza e bilanciamento dei diritti (nota a Corte cost. n. 85/2013), Ambiente & Sviluppo, n. 7 del 2013, pag. 631.
34 Corte cost., sent. n. 365/1993.
35 Cfr. Valentina Cavanna, op. cit., pag. 637. 36 Corte cost., sent. n. 85/2013.
37 Cfr. G. Sciullo, Gli ‘interessi sensibili’ nel parere n. 1640/2016 del Consiglio di Stato, in Giustamm.it, 2016, n. 9.
38 Cfr. Corte cost., sent. n. 85/2013. 39 Corte cost., sent. n. 85/2013.